Il 24 e il 25 gennaio 2025, rispettivamente presso la Corte di Cassazione e le Corti di Appello, verrà inaugurato il nuovo anno giudiziario. Quello che si appresta ad iniziare è un anno che potrebbe essere ricco di cambiamenti e di colpi di scena.
Il tema caldo, sul quale si dovrà giungere ad una decisione, è quello relativo alla separazione delle carriere dei giudici, stabilendo dunque se porre una netta linea di demarcazione tra magistrati requirenti e giudicanti oppure se mantenere l’attuale impianto costituzionale.
Sin dal suo insediamento, l’attuale governo Meloni ha rivolto grande attenzione su tale tema, mostrando una certa propensione alla modifica dell’attuale normativa di riferimento e dunque andando verso una sorta di modello inglese, nel quale le indagini sono svolte da Scotland Yard e il PM invece ricopre il ruolo di avvocato dell’accusa.
A dimostrazione di ciò, vi sono anche le dichiarazioni fatte dal ministro di Grazia e Giustizia Carlo Nordio durante una puntata di Dimartedì andata in onda su La7 nel dicembre scorso, secondo il quale nel sistema inglese il prosecutor, che nel nostro ordinamento equivale al magistrato requirente, “dà la garanzia che le indagini siano state fatte secondo la legge e se trova elementi sufficienti per portare l’imputato a processo sostiene l’accusa”.
Il clima intorno a questo tema appare infuocato, e ad aumentare l’agitazione vi contribuisce anche l’Associazione Nazionale Magistrati, la quale ha annunciato una serie di attività e mobilitazioni volte ad impedire che il ddl di modifica del testo costituzionale, attualmente in discussione alla Camera, possa ricevere votazione favorevole dagli scranni di Montecitorio.
Al fine di esprimere il proprio dissenso i magistrati, per bocca del presidente dell’ANM Giuseppe Santalucia, si dichiarano pronti a scioperare. Ma prima che si arrivi a ciò vi è la probabilità che nelle due giornate di apertura del nuovo anno giudiziario alcuni rappresentanti del sindacato dei magistrati possano leggere in tutti i tribunali italiani un testo comune di dissenso verso la riforma in questione.
La battaglia tra sostenitori e detrattori di questa riforma si prospetta ancora aspra e ricca di colpi di scena. Di certo le due fazioni non sembrano arretrare dalle loro rispettive posizioni, contribuendo ad incrementare quel clima di tensione che già da tempo si registra tra l’esecutivo a guida Meloni e il potere giudiziario, temendo quest’ultimo un suo indebolimento.
A contorno di quanto descritto ci sono i soliti problemi in cui naviga la giustizia nel bel paese. Tra lungaggini burocratiche e lentezza dei processi, il timore che la contrarietà tra giudici e governo possa peggiorare ulteriormente la situazione dei processi in Italia è al quanto probabile.
Resta dunque da vedere quali saranno gli sviluppi di questa situazione, nella speranza che qualsiasi azione svolta e decisione presa sia nell’esclusivo interesse dei cittadini.