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"Così le figurine sopravvivono alla rivoluzione digitale"

Così le figurine sopravvivono alla rivoluzione digitale



Quanti sono? “Milioni”. Chi? “Non solo i nostalgici del passato, ma anche giovani e giovanissimi”. Benvenuti nel mondo del collezionismo di figurine, prodotto made in Italy che Panini ha esportato da Modena a tutto il globo ma che da noi continua a vivere con la suggestione del “celo, manca” legato all’album Calciatori. Che è arrivato all’edizione numero 64 e gode di ottima salute, nonostante da anni le giovani generazioni siano immerse nel digitale. Magari non è più come una volta, quando il pacchettone di figurine era il centro di pomeriggi trascorsi sui muretti di qualche periferia, ma la passione non si è spenta. Anzi.

Non è un caso che Panini sia una multinazionale con fatturato miliardario. Il cuore in Italia, la testa ovunque. Un fenomeno da studiare per la capacità di evolvere col passare del tempo e delle generazioni. Il prodotto che i collezionisti italiani avranno in mano nei prossimi mesi (721 figurine da raccogliere in 120 pagine) solo apparentemente assomiglia a quello di venti, trenta, quarant’anni fa; c’è lo stesso spirito, il resto è un processo di modernizzazione che rende la cara, vecchia, figurina un hub in grado di aprire a un mondo di statistiche e contenuti digitali. Tutto senza tradire l’esperienza tattile, senza cancellare il fascino dell’apertura della bustina e dell’incollamento sull’album.

Dietro il risultato finale c’è un lavoro di mesi. Alex Bertani, direttore del mercato Italia di Panini che è la sua vita da oltre un trentennio, trascorre le sue giornate a inseguire visioni e risolvere problemi concreti. Immaginare, sperimentare, provare ad andare oltre come accadrà ancora in questo inverno in cui Panini lancerà per la prima volta nella storia una collezione interamente dedicata al calcio femminile. Non per essere politically correct, ma per stare dietro ai tempi o, se possibile, anticiparli.

Alex Bertani, il mercato del collezionismo di figurine resiste anche al digitale?

“Può sembrare strano, ma è così. Da anni c’è chi canta il De Prufundiis per tutto ciò che non è digitale, eppure la figurina rimane ancora un’esperienza tattile. Piace toccare, incollare, annusare il suo profumo. E’ un prodotto che ha resistito molto meglio di tanti altri, anche perché animato dalla profonda passione sportiva”.

Quanti sono gli appassionati che si avvicinano agli album dedicati ai calciatori?

“Milioni di persone”.

Il loro identikit?

“Ci sono due tipi di collezionisti: quello entusiasta, bambino, che si affaccia al mondo dello sport e vuole i santini dei propri campioni campioni e poi il nostalgico che ha vissuto l’epoca degli anni ’60, ’70 e ’80 e ancora oggi prova divertimento nel fare la collezione. Lo verifichiamo anche nelle tappe del tour in giro per l’Italia: la figurina unisce le generazioni in modo genuino”.

Come è cambiato l’album in questo lungo mezzo secolo (abbondante)?

“L’album ha sempre avuto un forte elemento informativo, soprattutto nell’epoca in cui non c’era la comunicazione che c’è oggi. Il mondo è cambiato, c’è bisogno di offrire un contenuto più sofisticato e per questo – ad esempio – abbiamo inserito da questa edizione le statistiche dinamiche che si aggiornano ogni settimana scansionando l’immagine con un qualsiasi smartphone. E’ la strada verso il futuro. Da qui in poi il contenuto informativo tornerà ad essere uno degli elementi principali, seppure con modalità differenti”.

E’ una passione tutta italiana o le figurine tirano anche altrove?

“Il fenomeno del collezionismo di figurine, inteso come collezionismo di icone sportive o di altro, non è solo italiano. Da noi ha sempre avuto dimensioni importanti, ma sul mercato nord americano le card del baseball o del football sono state storicamente molto radicate seppure con una fruizione diversa: l’occidentale punta a completare la collezione, l’anglosassone ha il gusto per la carta speciale o rara”.

Fra sessant’anni esisteranno ancora?

“Mi auguro di sì, magari saranno digitalizzate al cento per cento o altro. Il mondo cambia ogni sei mesi, impossibile prevedere qualcosa così a lungo termine. La verità, però, è che hanno resistito a questa prima ondata di digitalizzazione della nostra vita quotidiana”.

Quanto ci vuole a progettare un album?

“Un anno”.

E a pensare come saranno quelli del futuro?

“Lavoriamo sugli eventi che hanno una tempistica definita ma parallelamente cerchiamo continuamente di capire i grandi percorsi che il mondo dell’intrattenimento sta facendo. E’ un doppio binario. La figurina dei prossimi anni, non quella del 2090, è un’innovazione che nasce da un processo lungo. Anche quella del 2025 è un progetto partito ben prima”.

Nasce anche l’album dedicato al calcio femminile. Perché?

“E’ un passaggio epocale. Ci hanno prospettato dati su cosa rappresenta oggi un comparto che è in crescita e abbiamo deciso di buttare il cuore oltre l’ostacolo”.

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