La corsa sulla pista dell’aeroporto di Ciampino, il lungo abbraccio con il compagno. Le lacrime dei genitori e l’applauso che la accoglie: «Ciao, sono tornata», le prime parole diffuse in un audio dai colleghi. E alla mamma: «Ti voglio bene». È tornata davvero, Cecilia Sala. Dopo venti giorni di detenzione nel carcere di Evin, a Teheran, la giornalista 29enne autrice di reportage per il Foglio e di podcast per Chora Media arrestata in Iran il 19 dicembre e trattenuta per settimane in una cella di isolamento da ieri pomeriggio è di nuovo in Italia. Nella sua città, Roma. Una notizia improvvisa, inattesa per chiunque non seguisse da vicino le trattative, la decisione del regime degli Ayatollah di scarcerare la cronista. Maturata dopo giorni di trattative silenziose e di lavoro sottotraccia del governo, della diplomazia e dell’intelligence. Una conclusione tanto insperata al punto da cogliere di sorpresa anche la madre della cronista, Elisabetta Vernoni, quando ieri mattina sul suo cellulare è comparso il numero della presidente del Consiglio, registrato in rubrica come GM, che le ha dato l’annuncio. «Ero in riunione, mi sono chiesta lì per lì chi avessi registrato in quel modo, poi ho realizzato», dice la donna che dopo la telefonata della premier nella tarda mattinata parte da Milano per riabbracciare la figlia: «Io rinasco oggi».
L’ATTESA
Anche lei, Meloni, è a Ciampino ad aspettare la giornalista, insieme al ministro degli Esteri Antonio Tajani, al sindaco di Roma Roberto Gualtieri, ai fondatori di Chora Mario Calabresi e Guido Brera e al direttore del Foglio Claudio Cerasa. Ed è un applauso liberatorio quello che accoglie Sala, quando scende di corsa le scalette dell’aereo e corre tra le braccia del suo compagno, il giornalista del Post Daniele Raineri. La giacca verde, i capelli raccolti e un enorme sorriso stampato sul volto. «Questa storia ha due protagoniste – commenterà lui più tardi – Cecilia Sala e Giorgia Meloni». Le foto immortalano la reporter mentre si commuove e ride, come probabilmente non faceva da settimane. «Che bello rivedere tutte queste persone dopo tre settimane in cui sono stata da sola», le parole della giornalista. «Ringrazio tutti», ripeterà più tardi in serata quando intorno alle 20,40 finalmente rientrerà nella sua abitazione romana sul colle del Celio, assediata dai cronisti e dalle telecamere. «Ringrazio il governo, e tutti quelli che mi hanno tirato fuori».
A Ciampino Sala abbraccia i genitori, saluta la premier che le posa una mano sulla spalla, anche lei in un profluvio di sorrisi: «Non devi dirci niente – la rassicura Meloni – adesso devi solo stare serena. Sono qui per ringraziarti, e per dirti che sei stata forte». Per la premier, la scarcerazione è un capolavoro politico. Gestito in prima persona da lei e da Tajani, impossibile forse senza quel blitz a Mar-a-Lago che ha spianato la strada a un accordo. Anche la madre della cronista gliene dà atto: «Se è andato tutto bene devi ringraziare questa donna qua», dice alla figlia indicando la premier. Lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è voluto complimentare con Giorgia Meloni, per il ritorno di Cecilia Sala in Italia. Il Capo dello Stato ha quindi telefonato alla mamma di Cecilia che aveva incontrato nei giorni successivi all’arresto.
LA TELEFONATA
Sulla pista di Ciampino il Falcon 900 dell’Aeronautica che riporta a casa Cecilia atterra alle 16,15. A bordo, oltre alla giornalista, c’è il direttore dell’Aise (il servizio di intelligence per la sicurezza esterna) Giovanni Caravelli, volato a Teheran qualche ora prima per riportarla a casa. Il volo era partito dall’Iran intorno alle 11,30 del mattino. Ed è solo quando la cronista è di nuovo in salvo, quando finalmente può telefonare alla madre dicendole «mamma, sto tornando a casa», che da Palazzo Chigi viene rivelato che il finale in cui tutti speravano da giorni era finalmente stato scritto: «Grazie a un intenso lavoro sui canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorità iraniane e sta rientrando in Italia». Meloni avvisa i genitori di persona. Entrambi corrono a Ciampino.
Ecco il padre, Renato Sala che, per le combinazioni della vita, per dodici anni è stato vicino di casa di Tajani, con cui ha stretto amicizia: «Sono orgoglioso di mia figlia. Cecilia ha avuto capacità e compostezza: ho pianto tre volte nella mia vita e nei suoi giorni di prigionia l’ho sentita tre volte. Non vedevo più l’orizzonte», ammette. Per Sala è la fine di un incubo, per Meloni la vittoria di una difficilissima «partita a scacchi», per dirla con le parole del padre di Sala, in cui «i giocatori non erano più soltanto due». Perché al netto delle smentite intervenute in un secondo momento, il caso della giornalista romana è apparso fin da subito legato in modo inestricabile all’arresto di Mohammed Abedini, il “tecnico dei droni” svizzero-iraniano fermato a Malpensa in esecuzione di un mandato di cattura degli Usa, che lo accusano di far parte di un’organizzazione terroristica. E che ne chiedono a Roma l’estradizione.
IL RETROSCENA
E anche se non è ancora chiaro quale sarà il destino dell’ingegnere detenuto nel carcere di Opera (il 15 gennaio i giudici decideranno sulla richiesta di domiciliari), sono le stesse fonti dell’ambasciata iraniana in mattinata a far trapelare la speranza che «ora anche Abedini torni a casa», e che l’Italia «non si faccia coinvolgere nella vecchia guerra tra Usa e Iran». Un possibile sviluppo, quello del mancato trasferimento negli Usa, che in mattinata sono anche fonti americane vicine al prossimo segretario di Stato Marco Rubio a ritenere probabile. Anche se in serata la Casa Bianca smentisce di aver preso parte alle trattative: «Il caso Sala è stata una decisione dell’Italia». Del destino di Abedini, in ogni caso, ci si occuperà nelle prossime ore. Ieri era il momento dell’esultanza. Per la premier il successo è merito di «un bel gioco di squadra», uno sforzo comune di «servizi di intelligence, la nostra diplomazia, i funzionari, i servitori dello Stato che in questi giorni hanno lavorato con discrezione e professionalità». Un lavoro «sottotraccia – aggiunge Tajani – a volte prendendoci qualche critica, perché così si ottengono i risultati. A Cecilia – racconta – ho detto di tornare a scrivere». L’impasse, spiega il vicepremier, si sarebbe «sbloccata definitivamente nella notte» prima della partenza.
Ma è innegabile che a dare lo sprint alle trattative abbia contribuito il blitz di domenica di Meloni a Mar-a-Lago, con cui la leader italiana avrebbe incassato la benedizione di Trump sulla sua intenzione di fare «tutto il necessario» affinché Sala potesse tornare a casa.
RITORNO ALLA NORMALITÀ
A Ciampino la giornalista resta per più di quattro ore, insieme a Tajani e ai carabinieri del Ros, che la ascoltano a lungo. «Ti aspettiamo in Campidglio», la saluta il sindaco Gualtieri. Poi, alle 20 passate, Sala lascia l’aeroporto diretta a casa sua, a Roma. «Bentornata Cecilia», recita un piccolo cartello di benvenuto disegnato da un bambino sul portone del suo palazzo, sopra a una bandiera dell’Italia. Con il passare delle ore nel pomeriggio sotto l’edificio nel centro della Capitale ad aspettarla ci sono numerosi colleghi.
Prima, verso le otto della sera, rientra la mamma Elisabetta, con la felicità stampata sul volto stanchissimo: «Cecilia sta bene, la prima cosa che mi ha detto? Ti voglio bene mamma. Vi prego adesso di darci un po’ di tregua poi ci sarà modo nei prossimi giorni di parlare, grazie a tutti ora corro a dare da mangiare al nostro gatto». Alle 20,40 ecco Cecilia, su un’auto rossa che entra direttamente sulla rampa del garage. Il suo viso è provato e accecato dai flash dei fotografi, ma trova la forza di sorridere e con le mani saluta giornalisti e reporter. «Non vi fate male, sto bene, ringrazio il governo, ringrazio tutti», dice prima di scendere sulla rampa e scomparire nell’androne delle scale. Finalmente a casa: bentornata.